Carlo Grisolia e Alberto Michelotti, Servi di Dio

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Per la prima volta nella propria storia la Chiesa ha iniziato nel 2008 una causa congiunta per la beatificazione di due amici, morti 40 anni fa, a 40 giorni di distanza l’uno dell’altro: Carlo Grisolia e Alberto Michelotti. L’adolescenza e i primi anni della giovinezza di Alberto Michelotti, nato a Genova il 14 agosto 1958, trascorrono all’ombra del campanile: animatore ACR, catechista, impegnato in parrocchia in mille modi. È un ragazzo entusiasta, innamorato della vita, brillante negli studi di ingegneria. Ha la stoffa del leader e la utilizza per tessere rapporti duraturi con gli amici, ma anche con i tanti diseredati che va a scovare nei carrugi di Genova. Vive profondamente il rapporto con Gesù, che sente realmente presente nell’Eucaristia, e la comunione quotidiana diventa il suo appuntamento irrinunciabile. Nel suo cammino di ricerca dell’amore autentico scopre la purezza come strumento per raggiungere la vera libertà e condivide questo ideale con gli amici, in particolare con Carlo Grisolia, che vive le sue stesse esperienze, anche se è da lui molto diverso, per interessi, potenzialità e carismi. Tanto ad Alberto piace la montagna, quanto a Carlo piace leggere, suonare e scrivere poesie; tanto il primo è razionale e “matematico”, quanto il secondo è poetico e sensibile. Ad unirli è proprio la certezza profonda che Dio è amore, e il desiderio di vivere con intensità e portare agli altri l’ideale evangelico del mondo unito. Tra i due ragazzi si stabilisce un intenso sodalizio spirituale, al punto che ciascuno conosce dell’altro difficoltà, lotte, fallimenti, conquiste: diventano l’uno per l’altro reciproco sostegno nel comune cammino verso la santità. Si scrivono: “Carlo, aiutami sempre a vivere la mia libertà”, “Tieniti attaccato alla Madonna, pensa a lei”, oppure “Se ce la facciamo, possiamo darci appuntamento tutti i giorni nell’Eucaristia”. La vita di Alberto si chiude sulle montagne, il 18 agosto 1980, in una rovinosa caduta. Carlo non partecipa ai suoi funerali perché sta facendo il servizio militare e anche perché proprio il 19 agosto una visita medica gli diagnostica un grave tumore, dei più maligni e aggressivi. Inizia per lui, da un ospedale all’altro, un cammino di 40 giorni che lo conduce all’incontro finale con Gesù. ”Offro la mia vita per tutti voi, ma soprattutto per l’umanità che soffre, per i ragazzi del mio quartiere, della mia parrocchia, per il mondo unito”, confida agli amici, raccomandando loro “di essere pronti a dare la vita l’uno per l’altro”. Alle infermiere, sbalordite dalla forza d’animo di quel ventenne che ha piena coscienza di spegnersi, spiega: “So dove vado, sono pronto al tuffo in Dio”.