Uberto Mori nasce nel 1926, a Modena; suo padre è un ufficiale di artiglieria, promosso generale, che nel 1943, benchè malato di tumore e con i mesi contati, il Comando della Repubblica di Salò richiama ugualmente in servizio. Uberto si offre di sostituirlo, anche se non ancora in età di leva. Lo scambio viene accettato e si rivela provvidenziale per 107 ragazzi ebrei concentrati a Nonantola, a villa Emma, che il giovane tenente riesce a nascondere in seminario e in case private poco prima dell’arrivo dei tedeschi, salvandoli così dalla deportazione. Con la morte di papà, avvenuta nell’agosto 1944, Uberto si ritiene sciolto da ogni obbligo militare, ma adesso sono i partigiani a considerarlo un nemico e solo per puro miracolo si salva, in un agguato, da un’esecuzione sommaria. Riprende a studiare e nel frattempo inizia a lavorare, si sposa e diventa papà di tre bambini, la più piccola dei quali muore per una grave malattia . La sua vita è densa di impegni e di responsabilità, affrontate con attenzione e con fede: si immerge nello studio della Parola di Dio, lasciandosi da essa modellare ed ispirare nelle scelte quotidiane. Cristiano pratico, pienamente inserito nel sociale e grazie alle possibilità economiche che la professione gli garantisce, sostiene l’Avo per l’assistenza ospedaliera, fa costruire un pensionato per i terziari francescani, avvia numerose opere missionarie, destinando ad esse la quota di eredità che sarebbe spettata alla sua bimba morta. Suo padre spirituale è il frate Raffaele Spallanzani, un giovane cappuccino semiparalizzato che vive nella comunità di Puianello e che gli insegna a trasformare tutto in amore. Al santuario di Puianello, grazie all’impegno di Uberto, nascono così l’Ora di Guardia, le Marce penitenziali, la pratica dei primi sabati del mese. Alla fine arriva anche Antenna1, un’emittente televisiva che gli consente di evangelizzare via etere. Proprio durante la conduzione di uno dei programmi televisivi, il 7 aprile 1987, viene colpito da un infarto, che lo lascia gravemente invalido per l’ultima parte della vita.